Stato e rivoluzione è probabilmente la più chiara esposizione della dottrina marxiana dello Stato che si possa leggere. Lenin scrisse questo breve saggio nel 1917, appena prima della Rivoluzione d’Ottobre. La sua intenzione era quella di precisare la concezione bolscevica dello Stato, rifacendosi alle parole di Marx ed Engels, in un momento in cui molti partiti socialisti sembravano deviare e allontanarsi da prospettive autenticamente rivoluzionarie. Lo Stato, scrive Lenin, rappresenta lo strumento di oppressione della borghesia sul proletariato, e non avrà quindi più ragione di essere quando, con l’avvento del comunismo, scomparirà la divisione della società in classi. Da un lato Lenin prende le distanze dalle teorie anarchiche che vorrebbero abbattere subito lo Stato senza prima socializzare i mezzi di produzione. Dall’altro traccia il percorso che porta al comunismo: la meta finale sarà una società senza Stato e senza classi, dove ciascuno lavorerà secondo le proprie capacità e riceverà secondo i suoi bisogni. Per giungere a questo stadio ultimo sono però necessari la rivoluzione armata, l’abbattimento dello Stato borghese e l’istituzione della dittatura del proletariato. La realtà, tuttavia, si rivelerà ben diversa: a dispetto della dottrina, lo Stato totalitario comunista rimarrà sempre tale, e della sua estinzione non si vedrà mai nemmeno l’ombra.