Negli ultimi anni Carlo Cottarelli si è dedicato all’analisi e alla divulgazione, e mediante le sue opere ha messo a nudo pregi e difetti – soprattutto i difetti, a dire il vero – del nostro sistema politico ed economico. I sette peccati capitali dell’economia italiana si inserisce in questo filone narrativo. Anche se le sue analisi e proposte di riforma sembrano talvolta contraddire la sua fama di antistatalista, il libro è ben scritto, ricco di dati e di spunti di riflessione, e utile per chiunque voglia farsi un’idea dei mali cronici dell’Italia. Dallo studio di Cottarelli emerge un dato che si ripresenta in pressoché tutti e sette i “peccati” italiani: v’è una grande divergenza fra Nord e Sud del Paese. Questa differenza, che continua ad essere sistematicamente ignorata, o forse dovremmo dire scientemente alimentata dalla politica, è forse il vero peccato, quello originale, del Paese. Come ricorda Cottarelli, citando il giurista Giustino Fortunato, la legge del 1865 ha forzato l’unificazione amministrativa dell’Italia, estendendo a tutti le norme dello stato sabaudo: è stata così inaugurata una lunga stagione, che è tuttora in corso, di centralismo e formalismo giuridico rivelatosi dannoso e anacronistico.