L’economista svizzero di origini tedesche Wilhelm Röpke è stato uno dei più importanti teorici dell’“economia sociale di mercato”, il modello economico che nel secondo dopoguerra ha posto le basi del miracolo tedesco e della ripresa dell’Europa occidentale. Il suo pensiero, che in questo libro trova la sua espressione più matura, costituisce un’interessante sintesi di liberalismo economico e conservatorismo culturale. La critica di Röpke al collettivismo socialista, allo Stato assistenziale e alle politiche inflazioniste si richiama infatti ai principi dell’etica borghese e della tradizione spirituale dell’Occidente, abbandonati dall’uomo massificato della società moderna. Difensore delle piccole comunità e del federalismo che vede all’opera nel suo paese d’adozione, la Svizzera, Röpke detesta tutto ciò che è “giacobino”, centralizzato, anonimo, burocratico, gigantesco. L’attuale democrazia di massa, a suo parere, rischia di soffocare la creatività e il naturale desiderio di affermarsi degli individui, spegnendo in loro la voglia di vivere.