Herbert Spencer fu il più rispettato e importante filosofo dell’Inghilterra vittoriana. Negli anni sessanta e settanta del diciannovesimo secolo giganteggiò come un colosso nel panorama intellettuale, e la sue opere vennero tradotte in tutto il mondo. Se dal punto di vista scientifico sviluppò, prima di Darwin, una coerente teoria evoluzionistica applicandola anche alle società umane, sul piano politico rimase sempre un convinto assertore del laissez-faire. Il suo individualismo liberale trovò piena espressione nel libro L’uomo contro lo Stato, uscito nel 1884, quando la mentalità stava già cambiando e la fama di Spencer era sulla via del declino. In quest’opera denunciò la continua espansione dello Stato a scapito della libertà individuale; criticò le tasse, l’assistenzialismo pubblico e la brama per gli impieghi burocratici; attaccò il socialismo come forma di schiavitù; svelò il carattere mitico e superstizioso della fede nello Stato e denunciò l’autorità illimitata dei parlamenti. Negli ultimi anni della sua vita provò l’amarezza di vedere quanto fossero stati vani tutti i suoi avvertimenti. Il mondo stava entrando nell’era dello Stato massimo.