Il Trattato teologico-politico è uno dei tentativi più articolati di difesa della libertà di pensiero e di espressione, sia nell’ambito religioso sia in quello politico. La tesi è che il riconoscimento di tale libertà e l’esercizio della tolleranza religiosa non sono in contrasto con la pace sociale e la sicurezza. Sul piano dei fondamenti politici Baruch Spinoza riprende il modello hobbesiano di stato di natura ma, nella costituzione di impianto contrattualistico della società politica, lascia alla collettività, e non al Leviatano, la titolarità del potere supremo, sebbene l’esercizio spetti ai governanti. Circa la forma dello Stato la sua posizione è ambigua: in alcune parti dell’opera il cittadino non è escluso dai processi di produzione della decisione politica, e viene utilizzato il termine “democrazia”; in altre all’autorità sovrana viene attribuita un’ampia sfera di autonomia e il diritto di resistenza sembra escluso. Un altro aspetto importante è che tale opera rappresenta il primo moderno tentativo di esegesi del testo biblico. L’interpretazione di taglio razionalistico è a tratti molto ardita per le ortodossie dell’epoca, e infatti l’ebreo Spinoza si attirò l’ostilità sia degli ebrei sia dei cattolici sia dei protestanti e la fama di empio e blasfemo.