Impero (2000) è uscito all’inizio del nuovo millennio, come una sorta di nuovo manifesto comunista, ed è subito diventato il riferimento teorico più importante del movimento “no-global”. L’opera analizza il nuovo ordine mondiale creatosi dopo la caduta del muro di Berlino. Gli autori presentano una teoria che distingue il nuovo ordine imperiale dal vecchio ordine imperialista, ne ricostruisce la genesi, lo collega alla globalizzazione, ne descrive le meccaniche e, infine, ne sottolinea lucidamente le contraddizioni interne. Tre sono infine le rivendicazioni che vengono individuate come possibili obbiettivi di liberazione: una cittadinanza globale, un reddito garantito universale e una riappropriazione dei mezzi di produzione. Si tratta di un’opera che assume una precisa prospettiva, radicalmente ostile all’assetto del mondo contemporaneo e alla globalizzazione, vista come estensione globale di un capitalismo ormai sganciato da qualsiasi realtà territoriale e che si propone come realtà universale. Quali che siano le proprie convinzioni, proprio questa radicalità della critica rappresenta il valore dell’opera.