Nell’inverno tra il 1636 e il 1637 René Descartes scrisse di getto un saggio, il Discours de la méthode, che avrebbe rivoluzionato il pensiero occidentale. L’opera fu pubblicata anonima a Leida, in Olanda, il giorno 8 giugno del 1637, data che posiamo dunque considerare come spartiacque nella storia della filosofia. Il suo obiettivo era quello di giungere alla definizione di un metodo che presentasse i caratteri del rigore e dell’affidabilità, unendo chiarezza intellettuale, ricerca della verità e certezza empirica. Si trattava, di fatto, del “metodo scientifico” che si affermò durante un secolo di lavoro ininterrotto compiuto dalla filosofia, da Galileo a Newton, e alla determinazione del quale il filosofo francese offrì un contribuito fondamentale. Per giungere a definire un metodo nuovo occorreva, innanzitutto, mettere in discussione il sapere tradizionale. La critica di Descartes non metteva in discussione contenuti specifici, ma si limitava a rifiutare un certo stile di pensiero. L’edificio da demolire era, secondo lui, la filosofica aristotelico-tomistica che dominava nelle scuole rette dai Gesuiti. Il pensiero di Cartesio, assumendo la soggettività della ragione come unico riferimento fondativo, inizia il processo di demolizione del grandioso edificio della metafisica classica e si colloca per questo all’origine della modernità.