La Prima lezione di diritto del professor Paolo Grossi dovrebbe essere letta non solo da ogni studente di giurisprudenza, ma da ogni persona interessata a comprende la vera natura del fenomeno giuridico. Indottrinati da secoli di statalismo giuridico, infatti, non siamo più in grado di comprendere che il diritto non ha nulla a che fare con lo Stato e la politica, ma è un genuino prodotto della società, nascente dal basso per soddisfare le esigenze sociali. Grossi mette a nudo tutta la miseria del diritto statale positivo, con il suo autoritarismo e la sua pletoricità, incomprensibilità, inapplicabilità. La legge statale si riduce infatti sempre di più a strumento della politica per il soddisfacimento di sordidi interessi particolari. Da qui nasce l’avversione degli individui per la legge, vista come qualcosa di estraneo, un comando che cade dall’alto sulla testa dei malcapitati. La santificazione della legge statale, artificio che nasconde il frequente arbitrio del legislatore, è per Grossi una degenerazione della modernità, che si è sviluppata soprattutto dalla Rivoluzione francese in poi. Fortunatamente esistono delle forze in controtendenza, che tendono a ristabilire il diritto nel suo carattere originario di auto-organizzazione sociale: la globalizzazione giuridica del mercato, il risorgere della consuetudine, il ricorso al diritto naturale come estremo rimedio alle aberrazioni del diritto positivo statuale.