Il grande giurista austriaco Hans Kelsen fu, agli inizi del Novecento, uno dei primi critici della dottrina politica comunista. Agli anni Venti risale la sua prima critica sistematica della dottrina politica marxista, mentre in questo saggio pubblicato negli Stati Uniti nel 1948 Kelsen estende la sua analisi al leninismo, allo stalinismo e alla realtà politica della Russia sovietica. Egli ritiene che i due capisaldi della dottrina politica marxista, la tesi della dittatura del proletariato e la tesi dell’estinzione dello Stato, siano presentati dai comunisti in modo ambiguo e contraddittorio. La dittatura proletaria viene da loro talvolta descritta come “vera democrazia”, cioè il suo opposto, mentre l’estinzione dello Stato dovrebbe assurdamente realizzarsi attraverso il massimo rafforzamento dello Stato stesso: si otterrebbe l’anarchia fondando uno Stato totalitario! La crisi del comunismo che ha portato al suo crollo, quindi, non è stato un fenomeno misterioso, ma una conseguenza delle sue indubbie contraddizioni, che Kelsen mise già in luce nei primi anni della Guerra fredda.