L’illustre professor Paolo Grossi presenta in questo suo studio magistrale l’esperienza giuridica medievale, così radicalmente diversa da quella moderna e contemporanea. Il punto di partenza storico è che, dopo la caduta dell’impero romano, per oltre mille anni in Europa non si ricostituirà più un’organizzazione politica centralizzata di tipo statale. Ma sarà proprio grazie all’assenza di un soggetto politico così forte e ingombrante come lo Stato che la società medievale poté sbizzarrirsi in tutta la sua straordinaria vitalità e creatività giuridica. Mentre oggi abbiamo un unico soggetto produttore e monopolizzatore del diritto, lo Stato, nel Medioevo esistevano una pluralità di ordinamenti giuridici in concorrenza tra loro: il diritto comune elaborato dai giuristi, il diritto feudale, gli statuti comunali, il diritto mercantile, il diritto canonico della Chiesa e tanti altri ordinamenti. Ma su tutti regnava la consuetudine, che mai nessun principe o monarca si permetteva mai di contraddire. Il grande pregio del diritto medievale, spiega Grossi, era proprio quello di essere espressione viva della società e delle forze che operano in essa, e non voce del potere e dell’autorità, come nella concezione statalista e positivista che si è imposta negli ultimi due secoli.