A Budapest il 23 ottobre del 1956 studenti e operai scesero in piazza reclamando delle riforme che garantiscano la completa decomunistizzazione del paese. Fu una vera e propria rivoluzione: spontanea, popolare, nazionale e democratica, non progettata né guidata da nessuno. Le autorità sovietiche, prese dal panico, designarono un nuovo primo ministro, Imre Nagy, e un nuovo ministro degli esteri, János Kádár, nel tentativo di calmare gli animi dei rivoltosi. Venne poi liberato il cardinale Mindszenty, la più autorevole voce antisovietica, ma il 31 ottobre la situazione precipitò. Nagy annunciò il ritiro dell’Ungheria dal Patto di Varsavia, mentre Kádár prese le parti dei sovietici che il 4 novembre intervennero con estrema brutalità per reprimere le manifestazioni. Centinaia di carri armati invasero le vie di Budapest, i morti furono forse 15.000, i feriti, i deportati e i dispersi furono altrettanti; più di 200.000 ungheresi fuggirono in Occidente. Il libro di Enzo Bettiza costituisce la migliore analisi politica di quegli avvenimenti pubblicata in Italia. In particolare, il noto giornalista e scrittore ricostruisce i drammatici effetti che ebbe sul Partito comunista italiano, e mette in luce il nefasto contributo di Palmiro Togliatti alla diffamazione e repressione della rivolta ungherese.