Un maestro della storiografia medievale, Jacques Le Goff, affronta nel libro Lo sterco del diavolo. Il denaro nel Medioevo, la concezione medievale del denaro. Secondo lo storico francese, il denaro, nel senso in cui lo intendiamo oggi, non è un protagonista di primo piano del Medioevo ma è un prodotto della modernità. Nel Medioevo è meno importante e meno presente di quanto non lo fosse nell’Impero romano, e soprattutto assai meno centrale di quanto non diventerà nei secoli successivi. Dai pulpiti medievali risuona la condanna dell’avarizia come peccato capitale e le parole dei monaci e dei frati elogiano la carità ed esaltano la povertà come ideale incarnato da Cristo, mentre i teologi condannato il prestito interesse come usura. Tuttavia, a partire dal Duecento, “il secolo felice del denaro”, lo sviluppo delle città e dei commerci obbliga la Chiesa a rivedere le proprie concezioni, e le attività del mercante e dell’usuraio vengono in qualche modo gradualmente e parzialmente riabilitate. Per Le Goff è prematuro parlare di capitalismo in quest’epoca, tuttavia le nuove idee sulla ricchezza e sul denaro accompagnano quel fenomeno che gli storici hanno chiamato “rivoluzione commerciale” del Medioevo.