Viviamo in un’epoca contrassegnata da un susseguirsi di rivendicazioni continue e di nuovi diritti da affermare. Al fine di conseguire l’agognata “giustizia sociale”, la ricetta è sempre la medesima: la costante redistribuzione di risorse per emendare le diseguaglianze e le discriminazioni. Questa idea tanto affascinante sembra però avere due prerogative ben distinte: la prima, che nessuno sa cosa realmente significhi “giustizia sociale”; la seconda, quella di costituire, più spesso di quanto non si pensi, una foglia di fico dietro cui celare le pulsioni ataviche che sottendono la nostalgia della tribù. Lo sapeva bene Friedrich von Hayek, economista e sociologo austriaco, che nel suo straordinario percorso intellettuale ha indagato a fondo il concetto. La giustizia, per Hayek, non ha a che vedere con nessuna “distribuzione” di risorse, bensì con la salvaguardia delle condizioni che sono in grado di propiziare la cooperazione sociale. Le regole di giustizia e il diritto servono precisamente per consentirci di cooperare. Alberto Mingardi, autore del libro Contro la tribù. Hayek, la giustizia sociale e i sentieri di montagna, ci conduce in maniera brillante a comprendere le ragioni profonde che hanno condotto Hayek ad avversare l’idea della “giustizia sociale”, da lui concepita come una minaccia in grado di distruggere il concetto di legge come baluardo della libertà individuale.