Quando nel 1856 Alexis de Tocqueville pubblica L’antico regime e la Rivoluzione è consapevole della bontà del suo scritto: ma probabilmente non si aspettava che, a distanza di più di 150 anni, il libro rappresentasse ancora un punto di riferimento per tutti gli studiosi della Rivoluzione francese. Tocqueville dà alle stampe il libro dopo aver vissuto anche la Rivoluzione del 1848 e propone un metodo storiografico innovativo per l’epoca: mette al centro lo studio delle classi sociali e la loro egemonia politica e culturale. Innovativa è anche la tesi centrale del testo, cioè la presentazione della Rivoluzione non tanto come un elemento di rottura bensì di continuità con l’ancien régime. I rivoluzionari hanno infatti ereditato, e ulteriormente rafforzato, un sistema di governo che l’assolutismo monarchico aveva già notevolmente accentrato e centralizzato. Ad attirare la curiosità di Tocqueville sono i caratteri di specificità di tale processo, che si è potuto sviluppare di fatto solo in Francia con modalità che rimasero uniche in tutta Europa. A suo giudizio, la Rivoluzione francese è stata una rivoluzione politica che ha operato con i modi e l’aspetto di una rivoluzione religiosa.