La parola “proprietà” evoca solitamente l’idea del possesso di specifici oggetti fisici, quali beni immobili, beni mobili, conti correnti, asset finanziari. Ma, ad un’analisi meno frettolosa, questo termine rimanda a concetti e a significati molto più profondi, che sono radicati nell’essenza stessa del pensiero occidentale. Almeno a partire dai secoli XVII e XVIII, tale nozione assume anche una portata più estesa, includendo tutto ciò “a cui un uomo può attribuire valore a avere diritto”, potendolo rivendicare come proprio, a partire dalla vita e dalla libertà. Mosso dalla convinzione che esista un’intima connessione tra le garanzie pubbliche dei legittimi titoli proprietari e l’esercizio dei diritti di libertà individuale, lo storico Richard Pipes cerca di dimostrare i fondamenti e le logiche di tale correlazione attraverso il ricorso a prove storiche e storiografiche. Tracciando un illuminante e istruttivo studio comparativo tra le vicende politico-istituzionali di Inghilterra e Russia, due paesi per certi versi agli antipodi, i quali riflettono due casi estremi nello spettro delle “intensità” di rilevazione dei fenomeni indagati, egli metterà in evidenza che se qualche forma di proprietà è anche ammissibile in assenza di libertà, l’assunto contrario è radicalmente inconcepibile.