C’è un’idea che ha sempre messo d’accordo i pensatori antichi e quelli moderni, i teologi e gli psicologi, gli scienziati e i filosofi, i conservatori e i progressisti: che gli esseri umani siano fondamentalmente cattivi ed egoisti. Da Sant’Agostino a Machiavelli, da Lutero a Calvino, da Hobbes a Nietzsche, da Freud agli economisti, questa credenza rappresenta il filo rosso di tutto il pensiero occidentale. Lo Stato è indispensabile, dicono i filosofi della politica, perché altrimenti gli uomini non farebbero altro che derubarsi e uccidersi a vicenda. Lo Stato è indispensabile, confermano gli economisti, perché gli uomini pensano solo al proprio interesse personale e nessuno realizzerebbe i beni pubblici. Ma se tutto questo non fosse vero? Il libro di Rutger Bregman racconta una nuova versione non cinica degli ultimi 200.000 anni di storia umana, dimostrando, con numerosi argomenti tratti dalla biologia, dall’antropologia, dalla psicologia e dalla sociologia, che l’evoluzione premia le società in cui vi è maggiore benevolenza, cooperazione e fiducia nella bontà del prossimo. E che la visione cinica della natura umana ci ha sempre portati fuori strada.