John Rawls è stato il filosofo politico più influente della seconda metà del XX secolo, e Una teoria della giustizia, uscita nel 1971, è la sua opera più importante. Anche un suo avversario dichiarato, il filosofo Robert Nozick, gli ha reso omaggio scrivendo che “i filosofi della politica devono ora lavorare all’interno della teoria di Rawls, oppure spiegare perché non lo fanno”. Il libro, esibito davanti alle telecamere dagli studenti cinesi che protestavano a piazza Tienanmen, è stato tradotto in una trentina di lingue e venduto in circa quattrocentomila esemplari in lingua inglese: una cifra notevolissima, se si considera il fatto che si tratta di un testo difficile, voluminoso (più di 500 pagine in piccoli caratteri nell’edizione italiana) e scritto con uno stile estremamente asciutto. Questa immediata popolarità, molto inusuale per un testo accademico, si spiega probabilmente con la capacità che ha avuto Rawls di razionalizzare le idee politiche prevalenti nel suo tempo, offrendo una sofisticata giustificazione filosofica alle democrazie liberal e redistributive dell’Occidente. La sua diffusione in Italia ha contribuito allo spostamento ideologico della sinistra dal marxismo, ancora dominante negli anni Settanta, alla socialdemocrazia.