La grande illusione oggi è un libro poco ricordato, ma negli anni che precedettero la prima guerra mondiale venne stampato con tirature altissime, fu tradotto il 25 lingue e vendette milioni di copie. In questo saggio il giornalista britannico Norman Angell analizzò la politica internazionale sulla base dei cambiamenti economici avventi nell’Ottocento, pervenendo a una conclusione radicalmente antimilitarista. In un mondo economicamente integrato dove tutte le nazioni sono interdipendenti, scriveva Angell, la guerra è solo una “grande illusione” che non offre più nessun beneficio ai vincitori. Egli era convinto che il capitalismo fosse incompatibile con la guerra, e difendeva il libero scambio come unica via verso la pace e la prosperità. Malgrado il successo del libro, le classi dirigenti europee non ascoltarono il suo messaggio, e nel 1914 accesero la miccia di un insensato conflitto fratricida tra i popoli europei. La catastrofe economica provocata dalla guerra non risparmiò nessun paese, confermando così la tesi di Angell, che nel 1933 vinse il premio Nobel per la pace.
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